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L’ arte di ascoltare gli adolescenti nella scuola contemporanea

Aggiornamento: 1 mag

di Stefania Nuzzo


aula scolastica

Abstract

Da tredici anni sono una docente di scuola media, un po’ per scelta un po’ per caso. Negli ultimi anni la velocità vertiginosa con cui gli adolescenti cambiano ha evidenziato ai miei occhi quanto rigido e ripetitivo possa essere il mio lavoro non solo nei contenuti, ma anche nella pratica didattica. Da questa constatazione che può sembrare ovvia, è nata in me la necessità di modificare la trasmissione dei contenuti centrandola non più sui programmi ministeriali, ma sugli studenti e sulle relazioni che si creano tra di loro e con il docente.

Questo articolo approfondisce l’importanza dell’ascolto nella relazione tra docente e allievo e la rilevanza della relazione stessa nell’apprendimento e nel rendimento scolastico, argomento che ho affrontato nella tesi conclusiva del mio percorso di Counseling.

 

La scuola italiana in questi ultimi anni si è trovata a dover gestire delle trasformazioni molto più impegnative che nel passato, e ha dovuto confrontarsi con una società contemporanea molto più articolata, caratterizzata da logiche economiche talvolta poco attente alla valorizzazione del singolo individuo. La complessità del sistema sociale ha originato nuovi contesti che hanno determinato significativi cambiamenti delle condizioni di vita, soprattutto negli ambiti familiari. Di conseguenza anche i bambini e gli adolescenti di oggi vengono sottoposti ad una forte pressione adattiva dalle continue mutazioni sociali. Si è passati da un modello di famiglia gerarchicamente definita e ordinata da specifici ruoli, ad un nucleo familiare caratterizzato dalla variabilità delle funzioni dei componenti, dal cambiamento dei ruoli sociali, sia femminili che maschili, da relazioni con la rete parentale sempre più ridotte, ed infine dall’eccessiva utilizzazione di forme di gratificazione materiali di tipo compensatorio. Un contesto sociale così strutturato, dovuto alle nuove esigenze della società contemporanea, ha di conseguenza modificato anche i bisogni della popolazione studentesca e le motivazioni degli alunni. Per questi ultimi è divenuta prioritaria l’esigenza di trovare nella scuola, non solo un luogo deputato principalmente alla trasmissione del sapere, ma anche orientato all'educazione e alla formazione personale, alla promozione del benessere ed alla prevenzione del disagio personale e sociale. La scuola si è trasformata così in agenzia educativa e formativa, che ha come finalità lo sviluppo della crescita globale dei suoi fruitori a cui fornire strumenti idonei e utili per fronteggiare eventuali difficoltà legate alla loro crescita e al loro inserimento nella realtà sociale, educativa e lavorativa. In questa nuova realtà scolastica anche le funzioni del docente sono diventate molto più complesse rispetto al passato. Egli oltre ad occuparsi dell’apprendimento, deve prestare particolare attenzione alle modalità di trasmissione dei saperi, alle possibili difficoltà all’interno della relazione docente-alunno, alle svariate forme di disadattamento e di svantaggio scolastico che oggi sono sempre più presenti nei vari ordini di scuola. Nella funzione del docente il nodo centrale è sempre più quello della relazione: è all’interno di una relazione efficace che egli può stabilire un contatto significativo e motivante con gli allievi, riuscendo a trasmettere i saperi e a far acquisire le relative competenze. Il ruolo educativo e quello strettamente formativo della scuola hanno come base una relazione efficace, incentrata sul rispetto e sulla fiducia reciproca, sulla credibilità, sulla coerenza, sull’empatia e sulla capacità di accoglienza dell’insegnante.

Stabilire una vera alleanza operativa con lo studente lo mette nelle migliori condizioni per imparare e per crescere: questo è quello in cui credo fermamente.

Allo stesso tempo sono anche convinta del fatto che nessun esperto esterno può costruire la mia relazione con gli studenti e che è necessario oltrepassare la cattedra e abbandonare il mio ruolo istituzionale per cambiare le cose e mettermi al passo con le esigenze dei miei studenti.

Sono partita quindi dalla formazione personale, vissuta come esperienza di profonda trasformazione interiore, nella quale ho di volta in volta sperimentato: il saper comunicare, il saper ascoltare, il saper essere, il sapersi prendere cura di sé e dell'altro, fino a giungere a realizzare una relazione più autentica e consapevole, non solo con me stessa, ma anche con gli altri.

Nel tentativo di portare nel luogo in cui opero una nuova visione di “benessere nella relazione” che coinvolga tutte le figure che concorrono al processo educativo e formativo del contesto scolastico, ho iniziato ad applicare nel contesto scolastico i principi rogersiani espressi nella cosiddetta “triade rogersiana”: congruenza, accettazione incondizionata di ciò che l’altro porta ed empatia. Congruenza e autenticità corrispondono alla capacità di accedere al proprio mondo emozionale anche nella relazione con l’altro, e poterglielo comunicare. In questo modo la relazione è veramente tra “pari” e permette di sviluppare un rapporto di reciproca fiducia. Un atteggiamento di ascolto, di accettazione, di comprensione solo esteriore non potrebbe risultare efficace, perché non genuino. Per un insegnante questo significa essere coerente e capace di comunicare ciò che prova quando ne ha la possibilità; l’insegnante quindi incontra gli allievi su un terreno personale senza occultare se stesso. Accettazione incondizionata dell’altro significa rispetto e accoglienza per la persona che ci sta davanti e del suo diritto di essere se stessa a prescindere dal suo comportamento in quel momento o nel passato. L’accettazione deve essere senza riserve ed esente da qualsiasi forma di giudizio o di valutazione. Un insegnante che apprezzi gli studenti in una maniera non giudicante fa la differenza più profonda: un docente che realmente e calorosamente comprenda il mondo privato di ogni studente è talmente incredibile che gli studenti sono sicuri di non aver capito bene!!

La comprensione empatica permette di comprendere in profondità il mondo soggettivo della persona, mantenendo comunque una certa separazione fra sé e l’altro. L’atteggiamento di comprensione empatica è il mezzo per eccellenza attraverso il quale l'operatore entra in relazione con la persona e con il suo mondo soggettivo, per costruire quella relazione che sta alla base del processo di cambiamento. Ciò significa entrare nel mondo dell’altro con la consapevolezza che appartiene all’altro, prestando attenzione al processo di relazione profonda e alle caratteristiche multidimensionali che l’empatia crea nel contatto. L’atteggiamento empatico è forse il primo elemento da mettere in gioco, la prima reazione che inizia a convincere gli studenti che stanno vivendo un’esperienza nuova. Quando l’insegnante ha la capacità di comprendere dall’interno le reazioni di ogni studente, ha anche una consapevolezza sensibile di come il processo educativo e dell’apprendimento appaia allo studente, accrescendo ulteriormente la possibilità che si realizzi un apprendimento significativo.

Più volte mi sono chiesta se questo potesse essere applicato in classe con gli studenti, in quanto il mettersi nei panni dello studente è un concetto quasi sconosciuto nelle aule scolastiche e significa abbattere per prime le barriere formali e formalistiche imposte dalla società esterna al mio ruolo di docente, mantenendo credibilità, rispetto e autorevolezza. La risposta è stata affermativa, perché quando sono riuscita a rispondere agli studenti in modo che essi si siano sentiti capiti la cosa ha avuto un impatto formidabile.

Riflettendo sul mio percorso e su quanto sto ancora sperimentando in classe mi sento di affermare che l’ascolto attivo e l’accettazione incondizionata siano gli ingredienti fondamentali per una progettualità educativa che mira ad offrire opportunità di crescita, di cambiamento, di miglioramento delle proprie condizioni di vita. Essi permettono di stimolare discussioni di gruppo su argomenti di studio, di fronteggiare la resistenza all’apprendimento, di aiutare l’altro ad accrescere la capacità di ricorrere alle proprie risorse e di trasformare atteggiamenti di indifferenza o chiusura in apertura e dialogo.

L’importanza di questi concetti nella relazione educativa non nascono dalle teorie pedagogiche moderne e contemporanee, ma hanno radici profonde nella storia e nella filosofia antica.

Già duemila anni fa il filosofo greco Plutarco scrisse l’opera “L’arte di ascoltare” in cui si rivolge ai giovani per cercare di avvicinarli all’arte di ascoltare, di convincerli che la conoscenza del mondo e di se stessi passa dalla disposizione ad accettare gli altri per come sono e dalla capacità di mettere gli altri in condizione di esprimersi. Per Talete “gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà”. Per Plutarco, per Talete e per molti pensatori, scienziati e artisti nei secoli successivi l’ascoltare non solo è importante tanto quanto il parlare, ma addirittura lo precede in senso logico e temporale: prima si ascolta e poi si parla. E’ quindi necessario porre attenzione a ciò che si ascolta per evitare solamente di udire e a chi si ascolta, per dare un messaggio di gioia, vicinanza, comprensione. Questo è più che mai attuale nella scuola moderna e risponde ai bisogni più veri degli studenti, bombardati da informazioni e da nozioni, ma poco abituati ad essere ascoltati veramente e ad ascoltare.

Alla luce di questo grande cambiamento negli ultimi anni è diventato fondamentale per me come docente creare una situazione di ascolto attento, attivo, capace di creare le condizioni per la condivisione di nuove informazioni, che permette di mettersi “nei panni dell’altro”, entrando nel suo punto di vista e condividendone le sensazioni manifestate.

Ho cercato di praticare un ascolto aperto e disponibile a comprendere ciò che i miei alunni con modalità diverse hanno cercato di comunicarmi in modo da stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco. E’ stato importante per me applicare i principali elementi che caratterizzano un’attività di ascolto attivo: sospendere il giudizio di valore, evitando di attribuire etichette o incasellando i contenuti in categorie codificate; osservare ed ascoltare, raccogliendo le informazioni necessarie, rispettando anche il silenzio quando necessario; mettermi nei panni dell’altro, cercando di assumerne il punto di vista e condividendone le sensazioni; verificare la comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione.

Allo stesso tempo li ho spronati ad ascoltare se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare anche la difficoltà di non capire. Per fare questo è stato necessario entrare in contatto con il mio “adolescente interiore”, quella parte cioè della personalità che porta in sé gli aspetti adolescenziali e che ho riattivato per pensare e vedere il mondo con gli occhi dell’adolescente. Tale condizione è stata indispensabile per poter attuare la triade rogersiana sopradescritta: vedendo il mondo con gli stessi occhi dell’adolescente è stato possibile per me accettare ciascun alunno nella sua modalità d’essere ed essere a mia volta autentica, in quanto gli adolescenti sono molto istintivi e riconoscono immediatamente se un adulto finge di essere ciò che non è.

Per poter ottenere la fiducia da parte degli studenti, ho condiviso con i ragazzi esperienze personali e ho risposto nei limiti dovuti a domande personali, in quanto ritengo che per loro sia importante sapere che anche la persona che hanno davanti ha affrontato situazioni simili alle loro e che ne è uscita. Avere davanti un adulto che è passato attraverso le loro stesse tempeste e ne è sopravvissuta è per loro fonte di speranza e di coraggio.

I concetti teorici appresi durante il mio percorso personale di Counseling li ho messi in pratica in un’attività laboratoriale iniziata nell’a.s. 2017/18 e che continua anche nel corrente anno scolastico, attività volta a  promuovere contemporaneamente tre aspetti: imparare ad imparare (crescita cognitiva), imparare a stare bene con se stessi (crescita personale) e imparare a stare bene con gli altri (crescita sociale).

Attraverso il circle time, la riflessione, il confronto, il gruppo classe è diventato anche gruppo di ricerca. La partecipazione collaborativa ha reso indispensabile il rispetto dell’opinione altrui, la tolleranza, l’individualità di ognuno. Gli incontri si sono svolti nell’aula della classe, dotata di video, con banchi e sedie posizionati in cerchio, l’utilizzo di cuscini e l’ausilio di una lavagna. Alcune attività si sono svolte anche all’aperto, sia nel giardino della scuola che nel portico di ingresso dell’edificio in caso di maltempo. Durante il laboratorio, per favorire la costruzione della personalità dell’adolescente ho puntato su attività che migliorassero il concetto di sé, come quelle esplorative e autobiografiche. Sono stati utilizzati anche brainstorming, role playing, simulazioni semplici, esercizi di rilassamento e di consapevolezza emotiva, storie, schede e immagini, disegni, giochi, che hanno cercato di favorire l’investigazione e la ricerca (osservare, descrivere, narrare), il ragionamento logico e analogico, l’elaborazione (definire, classificare) e la traduzione (comprendere, scrivere, ascoltare) per creare nel gruppo la consapevolezza di essere una comunità di ricerca, dove si sono potute sviluppare la capacità di comunicazione interpersonale, nel rispetto delle diversità e dove ognuno è stato coinvolto nella totalità della persona umana, mente, corpo, affettività e relazione. Proprio l’unione di idee e sentimenti e la possibilità di combinare apprendimento esperienziale e cognitivo hanno caratterizzato gli incontri e le condivisioni delle varie attività. Infatti al miglioramento del clima di classe sono correlate le medie dei voti scolastici dello scorso anno scolastico, che hanno visto un sensibile miglioramento tra il primo e il secondo quadrimestre nelle materie letterarie. Questi dati non hanno una valenza statistica assoluta, ma mi hanno permesso di misurare la ricaduta positiva sull’apprendimento delle mie materie per l’intera classe.

Con il passare dei mesi si è rafforzata in me l’idea che un’atmosfera umana ed empatica promuove un apprendimento maggiore e sempre più significativo. Quando l’autenticità, il rispetto per l’individuo e la comprensione del mondo privato dello studente sono presenti avvengono cose stimolanti. Esse non riguardano solo i voti o l’acquisizione di competenze specifiche, ma anche in qualità più sfuggenti come una maggiore fiducia in sé, un’accresciuta creatività e un maggior apprezzamento degli altri. Ho percepito nel gruppo classe una sempre maggiore consapevolezza del saper essere parte di un gruppo che sostiene ciascuno dei suoi componenti, che non giudica l’altro, che cerca di accoglierlo per come è, pronto ad allungare una mano negli inciampi di ciascuno.


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Stefania Nuzzo

Stefania Nuzzo

Professional Advanced Counselor, Dottoressa in Scienze e Tecniche Psicologiche. Insegnante di Scuola Secondaria di Secondo Grado, Laurea in Lettere moderne, Tutor e Peer Educator in Comunicazione Non Violenta, si occupa di comunicazione e di ascolto. Mediatore familiare, referente Bullismo e Cyberbullismo, responsabile Spazio ascolto scolastico. Vicepresidente di Punto Gestalt Pegasus.




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