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Sostenibilità: ruolo e competenze del leader nell’era del cambiamento

di Roberta Cescon



gruppo di pedine che seguono altra pedina

Abstract

Nel mio articolo ho focalizzato la mia attenzione sulla leadership e sul leader, con l’intento di approfondire le mie conoscenze attorno a questo tema che mi appassiona da sempre, ma anche a supporto della vision per la mia nuova professione: come Counselor, desidero accogliere e accompagnare nella crescita personale coloro che ricoprono il ruolo di leader in questa difficile era di cambiamenti epocali dovuti alla digitalizzazione e alla sostenibilità. Osservando l’atteggiamento del leader nei confronti dei propri collaboratori e delle dinamiche sia aziendali che di gruppo, ho presentato e approfondito il tema del cambiamento per comprendere come e perché proprio il cambiamento sia uno degli elementi in cui si esplica maggiormente il ruolo di leader. Ho posto un focus importante sul ruolo, gli atteggiamenti, gli stereotipi e le skill del leader, in un’epoca di trasformazioni che la società e le organizzazioni affrontano con una velocità e una portata mai viste prima. L’impatto delle tecnologie, della pandemia, della crisi internazionale post-pandemia (compresa la guerra Russia-Ucraina) sull’organizzazione e sulla gestione delle aziende da parte dei leader è molto forte. I leader vivono, inoltre, una pesante pressione per portare a casa valore, un impatto sociale e ambientale positivo per tutti gli stakeholder: la società, oggi, richiede di trasformare i valori di responsabilità in risultati sostenibili e la psicologia umanistica è un principio cardine di questi cambiamenti epocali. Risulta evidente come l’apporto del Counseling aziendale può essere fondamentale in questa fase di cambiamento della leadership. Ho descritto l’esperienza con un leader nel suo passaggio evolutivo, con il risultato che ha abbandonato atteggiamenti e modalità da “leader del passato” lasciando emergere in lui le caratteristiche del “leader sostenibile odierno”.


UNA LEADERSHIP SOSTENIBILE

La leadership è senza dubbio uno dei temi più affascinanti e discussi in materia organizzativa aziendale, ma anche in ambiti differenti, quali ad esempio il mondo dello sport, quello scolastico-educativo e politico.

Vi è una distinzione importante tra il piano manageriale e quello della leadership, facendo riferimento ai compiti e alle attitudini che competono i due ruoli.

Il manager gestisce e porta a termine dei compiti assumendosi la responsabilità delle sole azioni che gli competono per raggiungere quei risultati che gli sono stati richiesti.

Il leader guida e sceglie in che direzione muovere l’organizzazione e, di conseguenza, ha come compito principale quello di prendere tutte le decisioni atte a raggiungere la vision da egli stesso promossa. Il manager ha dunque la funzione di gestire, controllare e portare a termine i propri compiti di breve periodo nel miglior modo possibile rispetto agli standard predeterminati, mentre il leader ha il compito di innovare, sviluppare, ispirare, creare vision di lungo periodo e generare possibilità.

 

Colui che impone se stesso ha un potere evidente e piccolo. Colui che non impone se stesso ha un potere grande e celato.” M. Buber

 

Questa frase riassume una parte di ciò che sono sempre state le mie convinzioni profonde e, insieme, definisce la differenza tra il leader odierno e quello del passato.

Il leader di oggi necessita di autorevolezza e non di autorità, ha caratteristiche empatiche, è emotivamente intelligente e risulta perciò ben diverso dal leader di ieri a cui si richiedeva di essere autoritario,  accentratore, poco incline al dialogo, poco attento all’aspetto umano, e tutto orientato ai meri risultati economici richiesti dal sistema in special modo prima del 2008, anno della crisi finanziaria e economica, scaturita dal fallimento della Lehman Brothers, che ha portato un cambio di paradigma radicale.

Anche il passaggio dall’era meccanica ed elettronica a quella digitale ha richiesto al leader di assumere una dimensione di sostenibilità e quindi di empatia e capacità di ascolto delle persone per il benessere dell’organizzazione. Ne è conseguita la necessità di un’evoluzione della leadership, che sapesse andare oltre agli schemi e ai modelli classici, ma anche a una visione meccanicistica del cambiamento, comprendendo come l’evoluzione in atto sia esponenzialmente più veloce delle competenze di leader e delle organizzazioni, così creando degli stili capaci di reagire o agire proattivamente, senza mai perdere di vista la necessità di essere a fianco delle persone in questo nuovo viaggio.

Oggi, non stiamo vivendo solo un’epoca di cambiamento, ma un vero e proprio cambiamento d’epoca. La pandemia, ancor più delle trasformazioni digitali che ci hanno proiettato nella quarta rivoluzione (industriale), ha posto aziende e società di fronte a una rivisitazione degli schemi cognitivi, dei riferimenti tradizionali. Per entrare nello specifico, ad esempio, per un leader la gestione di un virtual team ha comportato il mantenimento di relazioni a distanza con i propri collaboratori, con un monitoraggio continuo e allo stesso tempo il più possibile naturale delle attività, cercando di mantenere elevato il livello di coinvolgimento. Per essere efficaci, è stato necessario conoscere gli strumenti di comunicazione da remoto, le loro caratteristiche e potenzialità, ma soprattutto saper comunicare in modo efficace con il team, facendo arrivare “presenza”, vicinanza, empatia e umanità, attraverso chat, telefono, email e videoconferenze.

Pertanto è chiaro che gli schemi classici della leadership debbano necessariamente evolvere e il leader non può più essere efficace solo tramite la minimizzazione del proprio ruolo delegando massivamente i rapporti e le attività alle dinamiche e alle competenze del gruppo, ma deve comprendere e accettare l’importanza dell’interazione e della comunicazione interna, basata su capacità empatiche, finalizzata ad attivare conversazioni organizzative capaci di creare valore per la stessa organizzazione. Le nuove forme di comunicazione, soprattutto quelle social basate su strumenti digitali, devono costituire il vero e proprio habitat della leadership contemporanea, capace di essere vicina e connessa direttamente, senza filtri, a chiunque faccia parte dell’organizzazione e anche rispetto al mondo esterno, fatto di clienti, competitors e mercati. I leader moderni, inoltre, devono essere capaci di abitare gli stessi luoghi dei propri collaboratori, di instaurare relazioni dirette e costanti grazie alla possibilità di accesso alle stesse piattaforme condivise sui  social organizzativi, sino ad arrivare alla piena condivisione di idee e situazioni personali, talvolta anche esterni alle tematiche lavorative, supportate da relazioni digitali sui social che permettono un azzeramento dei ruoli e una conoscenza incentrata sul “one-to-one”, strumento utile nel rafforzamento dei legami e della condivisione all’interno dell’organizzazione.

 

Si è visto così che il più grande ostacolo al cambiamento non sono le tecnologie, gli investimenti necessari o il ripensamento di luoghi, spazi e modalità ma il fattore umano. La psicologica difficoltà dell’uomo di abbandonare la propria comfort zone a favore delle novità crea una delle barriere più difficili da abbattere per rendere effettivo il cambiamento che costituisce e costituirà sempre una delle sfide e degli impegni di maggior rilievo per i leader. Per questo motivo e per la necessità di superare le barriere imposte dal digitale si conferma di rilievo la competenza comunicativa del leader che deve essere autentico ed efficace, favorire internamente il fluire delle idee e al contempo dare una motivazione chiara e precisa delle scelte effettuate, contribuendo al cambiamento e a consolidare il ruolo del leader stesso. Per avere risultati nel lungo termine, il leader si deve guadagnare sul campo il rispetto dei propri collaboratori, senza esercitare il proprio ruolo con un potere autoritario. La comunicazione, come la capacità di ascolto e quella empatica vengono identificate come caratteristiche imprescindibili per i leader che intendano agire in questo senso e abbiano come obiettivo il benessere dell’organizzazione globalmente intesa, dall’efficienza economica alla cura di coloro che abitano l’azienda e che ne consentono la sopravvivenza nel tempo.

L’autorevolezza dell’operato di un leader non è funzione esclusiva dei risultati ottenuti o del ruolo gerarchico ma si configura, in maniera sempre più chiara, come il risultato di un mix di competenze di cui la componente soft assume una rilevanza sempre maggiore.

Le mie riflessioni sul tema della sostenibilità, mi hanno portato ad elaborare alcune skill che sono necessarie ai leader moderni, per una rapida evoluzione verso il futuro, senza mai perdere di vista la componente umana e per avere successo nel proprio futuro lavorativo e imprenditoriale:

leadership moderna

1)    LEADER INCLUSIVO: è un leader che utilizza la capacità di ascolto per creare un rapporto di fiducia verso i suoi collaboratori finalizzato ad ottenere idee e suggerimenti innovativi e anche produttivi.

2)    LEADER ETICO: è un leader consapevole dei suoi principi morali. E’ colui che si relaziona con autenticità incoraggiando il suo team a fare lo stesso.

3)    LEADER RELISIENTE: è un leader che ha saputo cogliere gli insegnamenti della pandemia. Ha la capacità di imparare ad imparare. In altre parole riesce a superare gli ostacoli, le barriere e le convinzioni limitanti uscendo dalla propria confort zone per affrontare ed essere pronto al futuro senza troppe rigidità.

4)    LEADER 4.0: è un leader che sa usare le nuove tecnologie ma che sa anche adattarsi alla sfida che implica questa modalità nuova di lavoro. Deve stare al passo delle innovazioni tecnologiche e al tempo stesso valutare gli spazi e i tempi dei collaboratori senza invaderne la privacy e l’intera giornata.

5)    LEADER CARISMATICO: è un leader con grandi doti comunicative. Allo stesso modo del leader risonante, sa gestire le proprie emozioni con l’intelligenza emotiva. E’ colui che vede, comprende e risolve le problematiche dei suoi collaboratori. Le parole hanno una grande importanza.

6)    LEADER RESPONSABILE: è un leader che ha come principio cardine il rispetto per se stesso e gli altri. E’ un po’ counselor e un po’ mentore, poiché ha una chiara visione di come sarà il futuro della sua azienda. Usa spesso determinazione e umanità.

7)    LEADER RISONANTE: è un leader empatico che usa l’intelligenza emotiva e sa gestire le proprie emozioni. Ha una particolare cura e sviluppo del potenziale umano.

 

IL COUNSELING RELAZIONALE ED AZIENDALE

 

 “L’arte di aiutare ad aiutarsi”, questa è la definizione più conosciuta del Counseling. Anche in ragione di ciò il Counseling è definito una “professione d’aiuto”.

Nello specifico, il Counseling si occupa di facilitare le persone che attraversano naturali crisi di vita (perdita di orientamento in una fase esistenziale difficoltosa, cambiamenti con difficile adattamento, perdita di vista di riferimenti, ecc.) nel recupero delle risorse interiore. E’, dunque, un processo di apprendimento che stimola la persona a riappropriarsi delle proprie potenzialità, andando ad affrontare le credenze limitanti e bloccanti, rendendola, così, sempre più consapevole delle proprie risorse.

Nel mondo del lavoro, nelle aziende e nelle organizzazioni, il bisogno di supportare e sostenere le risorse umane di cui si dispone risulta in costante crescita.

I momenti di difficoltà personale, i disagi e le insoddisfazioni influiscono spesso sulle prestazioni lavorative e rallentano il processo di crescita formativa e produttiva del soggetto. Il Counseling aziendale diventa perciò un’efficace relazione d’aiuto che mira alla promozione del benessere della persona, valorizzando le capacità individuali e indirizzando energie e motivazioni dei singoli verso sviluppi coerenti con le esigenze dell’azienda e del mercato.

In special modo quando si parla d’aziende di grandi dimensioni, una parte del management italiano può ricorrere a percorsi di Counseling per acquisire strumenti finalizzati allo sviluppo delle proprie risorse, per soddisfare quei particolari bisogni formativi, focalizzati sui temi dell’”essere”, che la formazione aziendale tradizionale soddisfa solo in parte, concentrata com’è sui temi del “fare”.

E’ importante chiarire che il Counseling aziendale non si propone di risolvere problemi o difficoltà organizzative, piuttosto di aiutare le persone a potenziare le proprie capacità e a migliorare le relazioni intra e interpersonali tra gli individui al lavoro, e, in maniera collegata, anche nella propria vita personale.

Il Counselor aiuta gli individui a focalizzarsi sul contesto, a riconoscere le risorse personali per esplorare le possibili alternative delle decisioni da intraprendere e/o a capire e comprendere le possibili implicazioni dal punto di vista delle relazioni e posizione professionale, all’interno dell’azienda e del mondo del lavoro. Per esempio, attraverso l’utilizzo degli approcci peculiari del Counseling, un dirigente può imparare a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni, elemento che nella cultura occidentale tende a essere inespresso sul luogo di lavoro. Spesso proprio questo evitamento emozionale è alla base di conflitti interiori che si traducono in disagi e malesseri riversati quotidianamente nelle relazioni professionali che s’instaurano tra colleghi, superiori, clienti, fornitori.

L’obiettivo non è l’espressione emotiva indifferenziata e acritica, ovviamente; il Counseling in questo campo si pone scopi allineati con i principi dell’Intelligenza Emotiva: consentire lo sviluppo di maggiore conoscenza e consapevolezza della gamma delle emozioni e delle loro sfaccettature, educare alla gestione costruttiva delle emozioni sia nella relazione interiore sia in quella con gli altri. Oltre a ciò, il lavoro di Counseling comprende l’esplorazione delle convinzioni e delle motivazioni; averne maggiore consapevolezza consente di ricercare attivamente una compatibilità con i contenuti e i comportamenti richiesti dal lavoro e dal contesto organizzativo aziendale. In un percorso di Counseling aziendale, il processo ha lo scopo generale di far sì che la persona trovi risorse interiori, a vari livelli, dalle quali attingere una maggiore consapevolezza di sè e soddisfazione personale, che porteranno effetti a cascata sulle azioni professionali.

 

L’ESPERIENZA PERSONALE CON UN LEADER

 

G. è un imprenditore che si è rivolto a me chiedendomi di accompagnarlo in un percorso orientato verso la  risoluzione dei suoi conflitti relazionali e aziendali. Ricordo le sue difficoltà a relazionarsi con i manager di un’azienda, con cui collaborava,  a causa della sua scarsa autostima e del suo voler risolvere tutto e subito.  Mentre lo ascoltavo, sentivo un’ intelligenza intuitiva e un  pensiero di tipo veloce, che ho individuato sia come risorse ma anche come criticità . Ho ritenuto opportuno lavorare sulla sua centratura per accompagnarlo prima  verso un pensiero lento: “the slow thinking” e successivamente ad un pensiero critico “The critical thinking” per favorire una maggior consapevolezza delle sue risorse.

Secondo lo psicologo Daniel Kahneman, l’essere umano usa, alternativamente, due sistemi di pensiero: il sistema 1 (intuitivo, veloce, automatico) e il sistema 2 (razionale, lento, faticoso). Con i suoi studi ha dimostrato che le persone, anche quando si sono procurate dati e informazioni di qualità, le elaborano spesso in maniera errata, effettuando inferenze scorrette e prendendo decisioni incongrue. Tale esito sembra dovuto in parte ai bias cognitivi, per cui le persone accettano acriticamente informazioni che confermano le loro convinzioni e rifiutano quelle contrarie. L’informazione che viene prevalentemente accettata è quella facilmente memorizzabile e basata su concetti semplici (slogan) ritenuti intuitivamente veri e non richiedenti verifiche. Vengono invece rifiutate quelle informazioni più complesse, la cui verifica richiederebbe uno sforzo personale maggiore che farebbe aumentare il carico cognitivo. Se in molti casi, soprattutto nella vita quotidiana, tale comportamento non provoca errori logici dalle gravi conseguenze, in molti altri casi (ad es: di natura finanziaria, manageriale, ecc) le conseguenze possono essere gravi.

E’ stato un lavoro lungo e costante, l’ho aiutato a stare sul presente, sul qui ed ora, allenando la sua centratura e la sua resilienza. Con accoglienza e accettazione incondizionata l’ho guidato verso un ascolto empatico di se stesso e degli altri, ho usato la riformulazione per aiutarlo a raggiungere la consapevolezza di sé, con l’obiettivo di maturare un pensiero “critico”, meglio noto come critical thinking che oggi è tra le skill più richieste dalle aziende. Il pensiero critico favorisce le nostre possibilità di apprendimento, di crescita, di selezione, di orientamento e decisione, quindi ci predispone a risultati positivi e ad oggi le aziende hanno sempre più bisogno di soluzioni migliori per vincere le loro sfide. Il processo del pensiero critico si basa su:

-       Analisi,

-       Ragionamento,

-       Comunicazione,

-       Valutazione.


Per quanto riguarda l’autostima è stato importante aiutarlo a riconoscere le sue risorse, diventarne consapevole, passo dopo passo, creare un ancoraggio che ancor oggi utilizza con buoni risultati.

Un altro grande lavoro che abbiamo fatto insieme riguarda le emozioni che G. continuava a reprimere. Questo percorso si è rivelato il più importante: prendere coscienza delle emozioni per stare bene e gestire al meglio le relazioni professionali e personali. C’è una stretta correlazione tra mente e corpo e la salute passa dal raggiungimento di uno stato di equilibrio tra di essi. Anche a livello fisiologico, mente e corpo dialogano continuamente tra loro e la ricerca del benessere di entrambi passa da un lavorio interiore di consapevolezza di sé, delle proprie emozioni, stati d’animo e comportamenti, che ci spingono ad agire in un determinato modo. Il primo passo è stato trovare lo spazio e il tempo per far entrare G.  in contatto con se stesso: ascoltare e osservare noi stessi significa comprendere il legame che c’è tra un determinato input (interno o esterno), l’emozione o il pensiero che da esso scaturisce, e infine il comportamento, la risposta che il soggetto mette in atto.

  • CAPACITA’ DI PERCEPIRE, VALUTARE, COMPRENDERE,UTILIZZARE E GESTIRE LE EMOZIONI




Ciò che proviamo ci induce a comportarci in un determinato modo e solitamente ad un medesimo input corrisponde una certa reazione/risposta. Per dirla con l’Analisi Transazionale, abbiamo dei “copioni”, che si attivano a determinate condizioni, di cui generalmente non siamo consapevoli. Riuscire a comprendere le nostre dinamiche interiori è il punto di partenza per poter mettere in atto un cambiamento nel nostro modo di relazionarci con noi stessi, con gli altri e con il mondo. Per farlo, dobbiamo entrare in contatto con il nostro corpo e le emozioni che in esso si rivelano. Ogni emozione, infatti, si riflette in aree ben specifiche del corpo: riuscire a cogliere il cambiamento fisiologico di una determinata area ci può aiutare ad entrare in profondità rispetto all’emozione che stiamo vivendo. Prendere coscienza di ciò che ci accade ci permette, grazie ad un percorso di consapevolezza, di far pace con la nostra storia, di scoprire i nostri limiti e  potenzialità trovando a poco a poco, modalità più efficaci di espressione di sé. Conoscere ed esprimere ciò che siamo veramente ci permette di diventare protagonisti delle scelte più o meno importanti che la vita continuamente ci pone dinnanzi. Non sempre possiamo cambiare la realtà fuori di noi, ma sempre abbiamo la possibilità di trasformare il nostro modo di vederla e percepirla.

Ricordo ancora, che, sentivo la sua sofferenza e le sue reazioni fortemente emotive che richiedevano, comprensione, accoglienza e accettazione da parte mia. In quell’ambiente protetto, G.  ha potuto finalmente lasciarsi andare alle sue emozioni: a riconoscerle, ad accettarle senza giudizio, ad esprimerle, a distinguere le emozioni parassite da quelle autentiche.

L’ultimo step è stato raggiunto con un equilibrio o meglio un’integrazione tra la parte razionale e la parte emotiva. Ho ritenuto opportuno utilizzare una tecnica gestaltica, la tecnica delle “polarità”, facendo dialogare la parte razionale e la parte emotiva fino a cercare il compromesso accettabile a conciliare entrambi le parti.

Il risultato di questo lavoro è stato ricevere un feedback in cui G. mi riporta di uno stato di benessere che ha acquisito e che persiste nella sua vita relazionale e professionale.

Questa esperienza con  G.  si è rivelata una grande opportunità per me, un’apertura verso il futuro.

 

Oggi la mia vision è accompagnare gli imprenditori verso una nuova leadership SOSTENIBILE:

-       Acquisire la consapevolezza e l’accettazione di quello che siamo e non siamo

-       Valorizzare la sensibilità e l’emotività attraverso un ascolto empatico, congruente e assente di giudizio

-       Sviluppare il problem solving

-       Accrescere l’autostima e l’autoefficacia

-       Diventare intelligenti emotivamente


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Roberta Cescon

Roberta Cescon

Trentennale esperienza in campo aziendale, come leader contitolare.  Docente di formazione in contabilità e amministrazione aziendale. Dopo aver frequentato un master di Counseling Organizzativo a Udine, si è iscritta presso il Gestalt Institute di Mestre/Sacile, dove si è diplomata Counselor nel 2022. E’ specializzata nell'analisi, nella prevenzione e nella risoluzione delle problematiche comunicativo-relazionali aziendali ed in particolare di gestione delle dinamiche relazionali e conflittuali dell'imprenditore. Con le tecniche di counseling acquisite durante i due Master (organizzativo, rogersiano e gestaltico), oggi, come Counselor, accompagna i leader in un percorso di crescita e consapevolezza delle proprie risorse, della propria dimensione interpersonale, al fine di migliorare sia la relazione con se stessi che le relazioni sociali e professionali con l’obiettivo mirato ad ottenere una leaderhip sostenibile.

Membro del Comitato Direttivo di Punto Gestalt Pegasus Aps.

 

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